Utilizzo Uber praticamente in qualsiasi parte del modo, ove disponibile, con grandissima soddisfazione, un servizio semplicemente fantastico. Purtroppo nell’Italia delle corporazioni. Quelle nate nel XII secolo e mai andate via. Ci uniamo tutti insieme per salvaguardare il nostro orticello e guai se qualcuno cerca di portarcelo via. Guai se qualcuno ne crea uno più grande e bello. Lo invitiamo gentilmente a sparire, con calci e pugni o carte bollate, come si usa negli ultimi tempi. Siamo l’Italia dei giudici, dove i politici con i loro Milleproroghe e le loro leggi in Senato non contano a nulla. Siamo l’Italia dell’immobilismo, della palude, del regresso, dello stare fermi. Amiamo mostrare il nostro patrimonio culturale, perché siamo rimasti ancorati storicamente a quel punto. Uber ora lo sa bene. Nonostante la loro app funzioni decisamente meglio. Nonostante le loro auto siano più confortevoli, i loro autisti più educati, il pagamento delle corse più tracciabile e il servizio di rating dei viaggi più equo, sono stati messi al palo. Il tribunale civile di Roma ha deciso che entro 10 giorni le Uber Black non potranno più circolare. Concorrenza sleale la chiamano. Poter offrire un’esperienza utente migliore rispetto quella fornita dal tassista burino e dal tirapugni facile è giocare sporco. Come osano portare innovazione in un settore fermo da 60 anni? È l’Italia signori.